Spatiamentum

Lo Spatiamentum è una pratica settimanale eseguita dai monaci certosini, che consiste in una lunga passeggiata insieme della durata di tre o quattro ore.

Funzione

È un complemento a quella che altrimenti sarebbe una vita estremamente solitaria, poiché i monaci vivono per lo più una vita di clausura molto rigorosa, con la maggior parte delle attività quotidiane condotte da soli e in silenzio.[1]

Durante la passeggiata i monaci parlano liberamente, camminando in coppia e cambiando partner ogni mezz'ora.[2] Ciò significa che durante uno spatiamentum ogni monaco converserà con altri otto. Ciò consente una condivisione fraterna tra i monaci. La conversazione durante la passeggiata è spensierata e semplice. Lo spatiamentum fornisce anche spazio fisico ed esercizio. In caso di maltempo, la passeggiata viene posticipata al giorno successivo.[3]

Lo spatiamentum probabilmente divenne una parte formale della vita certosina intorno al XII secolo, al fine di bilanciare la solitudine con il contatto umano e fornire un po' di relax e tregua da una regola rigida e dall'attenzione alle questioni spirituali.

Innocenzo Le Masson, priore generale dell'ordine del XVIII secolo, scrisse: «È solo con la massima riluttanza che concedo il permesso dallo spatiamentum, e solo agli anziani. Tanta grande, mi sembra, è l'utilità di questa passeggiata per il bene sia del corpo che dell'anima. Più facilmente e più volentieri esenterei un monaco certosino dall'Ufficio notturno, per alcuni giorni, o dai digiuni dell'Ordine, che dallo spatiamentum».[4]

Note

  1. ^ Adelindo Giuliani, La formazione dell'identità certosina (1084-1155), collana Analecta Cartusiana, Institut für Anglistik und Amerikanistik, Universität Salzburg, 2002, p. 114, ISBN 978-3-901995-61-3.
  2. ^ Monaco benedittino, La Certosa di Trisulti: cenni storici, Tip. N.D. Des Prés, 1912, pp. 336-337. URL consultato il 6 settembre 2024.
  3. ^ (EN) Thomas Merton, The silent life, Sheldon Press, 1975, p. 198, ISBN 978-0-85969-057-7. URL consultato il 6 settembre 2024.
  4. ^ (EN) J. M. Dent, The Quest of Solitude, 1932, p. 134. URL consultato il 6 settembre 2024.
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