HMS Birkenhead (1845)

HMS Birkenhead
Unica fotografia esistente del Birkenhead
Descrizione generale
TipoNave trasporto truppe
Proprietà Royal Navy
Impostazione1845
Varo30 dicembre 1845
Destino finaleAffondata a largo del Sudafrica il 26 febbraio 1852
Caratteristiche generali
Dislocamento1949 t
Lunghezza64 m
Propulsione421 kW
Velocità10 nodi (18,52 km/h)
Equipaggio125 (500+ passeggeri)
Dati estratti da Iron[1]
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La HMS Birkenhead (in origine HMS Vulcan) è stata una fregata britannica, in seguito riconvertita in nave trasporto truppe.

È maggiormente ricordata poiché, durante il suo affondamento nel 1852, si verificò la prima istanza documentata della procedura d'emergenza "prima donne e bambini".

Costruzione

Ordinata dall'ammiragliato britannico nel 1845, venne costruita nei cantieri navali di Birkenhead e varata alla fine dello stesso anno.[1][2] Inizialmente pensata come fregata a vapore e battezzata come HMS Vulcan, venne tuttavia presto riconvertita in nave trasporto truppe col nome di HMS Birkenhead, in onore del luogo d'origine.[1][2][3]

Per l'epoca era all'avanguardia, ed era considerata una delle navi più veloci della Royal Navy. La sua velocità media poteva arrivare a 10 nodi, con picchi di 13 (circa 24 km/h), e aveva dodici compartimenti stagni per proteggerne la stabilità in caso di urto.[1]

Servizio

Inizialmente destinata al trasporto truppe tra le isole della Gran Bretagna, venne poi riassegnata al resto d'Europa e infine alle traversate oceaniche. Rafforzò la sua fama compiendo una traversata tra Halifax e Woolwich in appena tredici giorni, uno dei migliori risultati dell'epoca pre-industriale.[1]

Cominciò poi ad operare sulla rotta per il Sudafrica a causa dell'ottava guerra contro gli Xhosa,[2] ed era in grado di effettuare un viaggio di andata e ritorno dalla Gran Bretagna in meno di tre mesi.[1] Nell'ottobre 1851 venne rimodernata a Città del Capo; era ancora in ottime condizioni, e il rischio di inconvenienti era considerato minimo per la nave.[1]

Naufragio

Dopo essere tornata in Inghilterra, nel gennaio 1852 partì da Portsmouth carica di truppe dirette in Sudafrica, al comando del capitano Robert Salmond. Il 23 febbraio arrivò a Simon's Town, presso Città del Capo, e scaricò una parte dei propri passeggeri e delle merci.[2] Due giorni più tardi il Birkenhead ripartì per la baia di Algoa[2] con più di 600 uomini a bordo, compresi varie donne e bambini, nove cavalli, 35 tonnellate di carbone, numerose balle di fieno e 240 000 sterline d'oro.[3]

Il capitano Salmond, sfruttando il mare calmo, decise di mantenersi vicino alla costa e fare cabotaggio. Tuttavia, verso le 02:00 del 26 febbraio, la nave urtò contro una roccia sommersa non segnalata sulle carte nautiche ad alcune miglia al largo di Danger Point, presso Gansbaai.[2][3] In quel momento il Birkenhead procedeva a circa 8 nodi, e il buio impedì agli uomini di vedetta di scorgere la roccia, di solito visibile durante il giorno appena sotto la superficie dell'acqua; inoltre i rilevamenti eseguiti con lo scandaglio avevano fino ad allora dato una profondità sufficiente per la navigazione, quindi la presenza di improvvisi scogli affioranti era del tutto inaspettata.[2] La nave s'incagliò, aprendo una falla nel compartimento stagno adiacente alla sala motori.[1]

Il naufragio del Birkenhead (disegno di Charles Dixon)

La maggior parte dei passeggeri e dell'equipaggio si svegliò al primo impatto ed accorse sul ponte della nave. Il capitano Salmond, capita la gravità della situazione, fece armare le scialuppe e ordinò l'indietro tutta per tentare di disincagliare la nave.[2] La falla causata dall'urto era tuttavia troppo grande, e non appena la nave tornò indietro l'acqua invase i compartimenti inferiori, facendo annegare chiunque non fosse ancora risalito sul ponte. Inoltre la manovra non servì, poiché il Birkenhead venne risospinto sulla roccia, sfondando ora il compartimento della sala motori e facendola allagare.[1][2]

Nonostante la velocità dell'affondamento, la solida costruzione della nave permise di avere abbastanza tempo per calare in mare tre delle otto scialuppe presenti.[1][2] In un gesto di estrema cavalleria, gli ufficiali ordinarono che i posti nelle scialuppe fossero interamente riservati a donne e bambini, e la maggior parte dei soldati rimase al proprio posto mentre la nave affondava. Ciò premise il salvataggio di tutte le donne e i bambini a bordo, mentre 445 tra soldati e marinai persero la vita.[2][3]

Due sopravvissuti, i capitani Lucas e Wright, raccontarono come l'evacuazione si svolgesse in silenzio e con apparente calma, con solo il capitano Salmond a dare ordini per l'ammaraggio delle scialuppe.[2][3] In un ultimo tentativo di mantenere la nave a galla vennero azionate le pompe e vennero lasciati cadere in mare i cavalli ormai imbizzarriti, ma non ci fu nulla da fare e il Birkenhead affondò nel giro di pochi minuti: la struttura della nave, ormai compromessa, cedette e si spezzò in più punti, costringendo chi era ancora a bordo a saltare in acqua.[2][3]

Nonostante il mare fosse calmo e relativamente caldo (a febbraio è infatti estate nell'emisfero australe) molti non sapevano nuotare e annegarono, altri vennero risucchiati dalla nave che affondava, mentre altri ancora vennero divorati dagli squali.[2] Nessuna nave venne in soccorso dei sopravvissuti, che dovettero nuotare fino alla costa e rischiare di sfracellarsi sugli scogli a causa della fortissima risacca.[2][3] La zona del naufragio era quasi disabitata, ma i superstiti vennero soccorsi dai locali pescatori boeri, che li rifocillarono e diedero l'allarme.[2][3] Solo il giorno successivo la scuna Lioness, transitando sul luogo del naufragio, raccolse 40 sopravvissuti ancora aggrappati a resti galleggianti;[2][3] altri scampati al naufragio furono visti sopra dei banchi di alghe lungo le scogliere, ma nessuna scialuppa osò avvicinarsi e furono lasciati al loro destino.[2]

Conseguenze ed eredità

Resti di una delle ruote del Birkenhead sul fondale sudafricano

Degli oltre 600 uomini a bordo del Birkenhead ne sopravvissero 193 (donne e bambini compresi); dei nove cavalli finiti in mare otto riuscirono a raggiungere la costa a nuoto, mentre uno annegò per via di una zampa rotta.[3] Solo quattro ufficiali sopravvissero al naufragio,[3] mentre il capitano Salmond annegò, e per questo non poté rispondere all'inchiesta delle autorità britanniche, che quindi lasciarono decadere ogni accusa di cattiva gestione del disastro.

L'affondamento del Birkenhead rimase per lungo tempo nella memoria collettiva,[2] tanto che la procedura d'evacuazione del "prima donne e bambini" sarebbe diventata da allora in poi prassi nelle procedure d'emergenza. Il poeta Francis Hastings Doyle scrisse una poesia in ricordo del disastro, The Loss of the Birkenhead (1852),[4] mentre re Federico Guglielmo IV di Prussia ordinò di leggere un resoconto del naufragio a tutti i suoi reggimenti così che i soldati prussiani prendessero esempio da quelli inglesi.

Nel 1895, per evitare altri disastri del genere, venne costruito nella zona il faro di Danger Point. Il relitto del Birkenhead giace a circa 30 metri di profondità, e nel corso degli anni sono state fatte numerose spedizioni per tentare di recuperare l'oro trasportato, senza tuttavia molto successo.

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j (EN) J.C. Robertson, Iron, LVI, p. 327-.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s (EN) The Wreck of the Birkenhead, in Almanacco dell'anno 1852.
  3. ^ a b c d e f g h i j k (EN) The Wreck of H.M. Steamer "Birkenhead" - 26 Feb 1852, su capeinfo.com.
  4. ^ (EN) sir Francis Hastings Doyle, The Loss of the Birkenhead.

Bibliografia

  • (EN) A.C. Addison e W.H. Matthews, A deathless story, or, The "Birkenhead" and its Heroes, Londra, Hutchinson & Co., 1906.

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